Pubblicato il 23 Dicembre 2011
«Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia».
Da giorni risuona nella mia mente questa espressione del profeta Isaia che ascoltiamo nella notte di Natale. Gioia e letizia frutto della Sua iniziativa: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse». «Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio».
Parole ascoltate tante volte, ma l’esperienza di questo anno me le fa sentire particolarmente familiari. «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia».
TU.
Se mi chiedo da dove nasca questo sentimento di gioia e di letizia che sento in me ho un’unica risposta, per ciò che ho visto accadere da quando due mesi fa in un momento di fatica ho sussultato davanti ad una frase: «Il Signore completerà per me l’opera Sua. Non abbandonerà l’opera delle Sue mani».
L’opera Sua, delle Sue mani non è appena quel che faccio, ma la mia stessa vita. Lui la completerà per me, la porterà a compimento. Del resto, come scriveva Michelangelo, «che poss’io, Signor, s’a me non vieni / con l’usata ineffabil cortesia?».
Com’è facile vivere la giornata come se tutto dipendesse da me, per assoggettare la realtà al mio progetto e dimostrare la mia capacità. Ma la/le crisi, la malattia, la morte mettono davanti alla verità: io non sono il padrone né della mia vita né del mondo, nemmeno del mio piccolo mondo, da me non dipendono né il vivere né il morire. Come ci ha insegnato don Giussani, la cosa più evidente è che in questo istante io non mi faccio da me, io sono Tu che mi fai.
L’esperienza di questi mesi mi ha reso evidente che proprio questo riconoscimento è la sorgente di una vera e inesausta costruttività. Ho verificato ancora una volta che non appena rialzo lo sguardo sulla Sua presenza, la realtà torna a parlarmi, ad essere piena di segni, di occasioni, di richiamo, di prospettiva, di amicizia. Non mancante, ma sovrabbondante.
Proprio la certezza di un Altro −. «La ragione umana porta insita l’esigenza di ciò che vale e permane sempre» (Benedetto XVI) − rispalanca la ragione, fa guardare tutto con una intelligenza nuova delle solite cose, come se una luce irrompesse a squarciare le tenebre: Caravaggio ha genialmente rappresentato questa dinamica.
Solo per questo posso affrontare le circostanze senza paura perché tutto è nelle mani di un Altro che è per il mio bene e io sono lieto di essere stato scelto a collaborare con Lui che è l’eterno lavoratore.
Non sono un visionario. Se guardo a cosa è accaduto nell’arco di cinquanta giorni, mi risulta evidente che i fatti accaduti hanno come unica spiegazione il mio «io» ridestato. È proprio come dice il Papa: «L’intelligenza della fede [lo sguardo su di sé e sulla vita generato dalla fede] diventa intelligenza della realtà» che attrae e muove all’azione, non per un’ansia realizzativa, ma per un fuoco ardente che vuole infiammare tutto: sei libri pubblicati, due in preparazione, un’intensa attività commerciale, il rilancio del network di librerie, la pubblicazione del nuovo sito itacaedizioni.it, il lancio della libreria Itaca, un’azione pubblicitaria e di comunicazione a livello locale e nazionale, nuovi investimenti. Al tempo stesso un rinnovato rapporto con i collaboratori, una reale amicizia con gli autori dei libri, come se tutto partecipasse di quell’«Amor che move il sole e l’altre stelle» per dirla con padre Dante.
In queste ultime settimane sono stato molto colpito dal lavoro per la realizzazione del libro Si può sperare in tempo di crisi? in cui circa quaranta tra imprenditori e responsabili di opere non profit della CDO Ravenna e Ferrara raccontano come stanno affrontando questo momento. È stato come se un’ondata di bene e di certezza avesse inondato la mia vita.
Il libro è uscito da pochi giorni, ma già molti soci mi hanno riferito che esso coglie il desiderio della gente di una parola di speranza, di vedere che per qualcuno la vita è positiva non per un volontaristico pensiamo positivo, ma per «la coscienza del Mistero presente» che «rende la nostra vita un flusso continuo di novità».
Verificarlo nel lavoro e nella vita quotidiana dell’impresa, nel rapporto con la moglie e le figlie, è davvero fonte di letizia e di pace, come per i pastori che «se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto».
Dove questa novità accade la gente accorre, attratta da una luce attesa e desiderata, finalmente presente.
Con l’augurio che il Mistero del Natale sia per ciascuno fonte di luce, di grazia e di letizia.
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