“Francesco secondo Giotto”: guardare Francesco in ascolto di papa Francesco

Pubblicato il 7 Dicembre 2013

Per la prima volta nella storia un papa ha preso il nome di Francesco. Una scelta su cui lui stesso è tornato più volte per raccontare come sia maturata e che significato abbia. Nella visita ad Assisi dello scorso 4 ottobre ha detto: «Io ho scelto, come Vescovo di Roma, di portare il suo nome. Ecco perché oggi sono qui: la mia visita è soprattutto un pellegrinaggio di amore, per pregare sulla tomba di un uomo che si è spogliato di se stesso e si è rivestito di Cristo e, sull’esempio di Cristo, ha amato tutti, specialmente i più poveri e abbandonati, ha amato con stupore e semplicità la creazione di Dio».

In questo contesto si colloca la nuova edizione di Francesco secondo Giotto, di cui è autore Roberto Filippetti, il quale illustrando la ricca iconografia della basilica di Assisi e della cappella Bardi in Santa Croce a Firenze ci conduce a guardare la vita del Santo. Il libro doveva uscire un anno fa, poi è stato rinviato e nel frattempo è stato eletto papa Bergoglio. Questo fatto ha impresso al volume un significato nuovo; non si poteva parlare di Francesco a prescindere da ciò che diceva papa Francesco. E infatti l’opera ha preso la sua forma definitiva dopo le parole di Assisi. Esse hanno portato a focalizzare il nesso tra l’amore a Cristo e la santità, sorgente di ricostruzione della bellezza della Chiesa.

San Francesco ha subìto tantissime riduzioni, di tipo ambientalista o pacifista; nel migliore dei casi egli è la colonna che trattiene la Chiesa dalla rovina, isolando questa celebre immagine di Giotto dal contesto della sua narrazione, come se fosse un suo sforzo titanico. Oppure si enfatizza la spoliazione in alternativa alla ricchezza.

In realtà Giotto raffigura Francesco come alter Christus, con lo sguardo rivolto al Padre e avvolto nell’abbraccio della Chiesa che lo copre col suo mantello e lo accoglie come figlio. Di qui l’immagine di copertina, che nella basilica di Assisi si trova al centro di una straordinaria terzina, il cui perno, scrive l’Autore, «è la mano di Dio che, trapassando i cieli, scende e si manifesta. E il Santo, dapprima quasi inconsapevolmente poi in modo sempre più trasparente, tiene lo sguardo su quella mano». «Spogliato di tutto, rivestito dal manto della Chiesa, Francesco inizia il cammino di immedesimazione con Cristo, fino alle piaghe della sua Passione per i fratelli uomini. In tal modo egli è reso ricostruttore della casa di Dio e di quel sommo tempio di Dio che è il cuore dell’uomo».

“Terzina” degli affreschi di Giotto ad Assisi

Recentemente papa Francesco ha detto: «Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio. […] C’è bisogno di cristiani che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura». San Francesco è stato un testimone credibile e Giotto ne ha rappresentato la vita in modo mirabile.

Dopo tanti libri freneticamente pubblicati in questi mesi su papa Francesco, il volume di Filippetti, riccamente illustrato, si distingue perché ci guida a rileggere l’iconografia del Santo secondo l’originaria intenzione della committenza e degli artisti: ridestare attraverso il fascino dell’arte il desiderio della Bellezza infinita, cioè della santità. Quello a cui ci invita papa Francesco.

Eugenio Dal Pane

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