Pubblicato il 25 Febbraio 2013
Domenica scorsa ero in Piazza San Pietro all’ultimo Angelus di Benedetto XVI. Un gesto semplice per esprimergli affetto e gratitudine. Le note che seguono sono appunti di una giornata indimenticabile.
Mentre aspetto penso che la decisione del Papa di rinunciare al ministero petrino abbia gettato una nuova luce anche sulla difficile tornata elettorale. In tempo di elezioni sono tante le promesse e al tempo stesso c’è la speranza che finalmente le cose cambino grazie ad un salvatore in grado di prendere in mano la barca dell’Italia. Ma quel gesto ha messo davanti agli occhi di tutti da dove viene la novità all’uomo e del mondo, dalla conversione a Cristo, dall’amare e seguire Lui, dal costruire la Chiesa, lumen gentium.
A mezzogiorno il Papa si affaccia. «Cari fratelli e sorelle! Grazie per il vostro affetto!». É l’unico accenno a quella giornata speciale. Poi sposta l’attenzione da sé a quel che è accaduto sul Tabor e all’insegnamento che ne deriva: «il primato della preghiera», che «non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni», ma «un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio».
É all’interno di questa dinamica che spiega ancora una volta il suo gesto: rispondere a Dio che «mi chiama a “salire sul monte”. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa», bensì «continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze.»
Al termine dell’Angelus i saluti ai pellegrini in diverse lingue, un ultimo ringraziamento, poi, diversamente dai divi che si concedono ben volentieri all’applauso, scompare alla vista come chi non vuole attirare lo sguardo su di sé, ma invita a guardare a Cristo.
Mentre lascio Piazza San Pietro mi tornano in mente le parole pronunciate dall’allora cardinal Ratzinger a Subiaco qualche giorno prima di essere eletto papa. «Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo.» Ai giovani a Colonia disse: «Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo.».
Ho la certezza di avere visto un nuovo Benedetto, un santo. Avverto il desiderio di seguirlo sulla via della fede, una gioia profonda e un rinnovato impeto di bene e di costruzione. Attorno ai santi la vita rifiorisce.
Eugenio Dal Pane
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