Pubblicato il 28 Novembre 2018
Dal libro allo spettacolo
Una storia destinata ad accompagnare a lungo il lettore. Una storia potente e prepotente, dolorosa e meravigliosa, di sconfitta e di rinascita. È la storia di un’amicizia meravigliosa, quella tra Attilio e Massimo, una storia vera. Questo è Cento Lettere. Dalle sbarre alle stelle, scritto a quattro mani da Attilio Frasca con il regista RAI Fabio Masi. Il libro si è trasformato in uno spettacolo omonimo prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo e messo in scena dai detenuti della Casa circondariale di Pescara, con la partecipazione dell’attore Flavio Insinna, sotto la regia di Ariele Vincenti. Lo spettacolo debutterà presso il teatro della Casa circondariale di Pescara sabato 1 dicembre alle ore 17.
La storia
Massimo e Attilio sono cresciuti insieme ma hanno preso due strade completamente diverse: Massimo si è costruito una vita nuova, “libera”, ha una famiglia e dei figli, Attilio è entrato in una spirale autodistruttiva.
L’infanzia, gli anni dell’adolescenza e quelli sempre più bui tra droga, furti e risse allo stadio: c’è tutto in questo libro intenso, in un susseguirsi di eventi tragicomici che in un crescendo di follia lo porteranno una notte a commettere l’irreparabile.
Da lì la condanna a 30 anni di reclusione per omicidio di primo grado.
Una storia vera, senza sconti, quella di Attilio Frasca, che non si nasconde dietro inutili scuse. Tutto è in mostra, il buono e il cattivo: il male, ma anche un’anima piena di speranza, un amore sconfinato per la propria famiglia e un’amicizia piena di tenerezza.
In Cento lettere. Dalle sbarre alle stelle si segue Attilio su due binari: verso il basso, mentre tira le fila della propria vita, e verso l’alto, nelle lettere, in cui la rabbia si stempera in una nuova maturità. Due percorsi paralleli che si uniscono nel luogo più improbabile, il carcere, il punto di svolta che ha messo Attilio davanti ai suoi errori e lo ha costretto a pensare a sé, a ciò che aspira nella vita: «Non posso accettare di uscire peggio di come sono entrato. Desidero un nuovo orizzonte davanti a me; oggi, come mai prima d’ora, voglio poter immaginare un futuro».
E in questo cammino rimane, discreta, la presenza di Massimo che ha sempre visto in Attilio un diamante che brilla sotto la cenere.
Alla fine del libro il lettore ha davanti l’Attilio di prima e l’Attilio di oggi, e allora sorgerà spontanea la domanda: come possono essere la stessa persona?
Cento lettere è un libro per chi crede che si possa cambiare, sempre. Per chi crede che una speranza c’è, sempre. E soprattutto per chi non ci crede, perché forse, andando oltre il pregiudizio, potrà vedere quanto è possibile e meraviglioso.
Lo spettacolo
Dalle sbarre alle stelle è il risultato di un percorso teatrale sostenuto dal Teatro Stabile d’Abruzzo con la direzione artistica di Simone Cristicchi, durato sette mesi e tenuto dal regista Ariele Vincenti, in collaborazione con il giornalista-regista Fabio Masi, in sinergia con il direttore, le assistenti sociali e le psicologhe della Casa circondariale di Pescara. I lavori si sono svolti nella sala teatrale della struttura, che ospiterà anche il debutto dello spettacolo sabato 1 dicembre 2018.
Così il regista Ariele Vincenti nelle sue note: «Come il libro Cento lettere. Dalle sbarre alle stelle scritto dallo stesso Masi e dal detenuto Attilio Frasca, lo spettacolo racconta la vita criminale di quest’ultimo, dai primi reati alla lunga carcerazione. Tutta la vicenda è intervallata dalle sue lettere e da quelle scritte da due suoi amici fraterni, anch’essi reclusi, che da vari carceri italiani arrivano a casa di un altro loro amico, Massimo, interpretato da Flavio Insinna. Pur rimanendo fedele alla storia dell’autore narrante in prima persona, il lavoro teatrale ha voluto universalizzarla, facendola diventare la voce narrante degli altri
detenuti in scena. Il delirio di onnipotenza, la solitudine e la redenzione descritti nel libro, nello spettacolo vengono tradotti scenicamente da 10 attori detenuti, sempre in scena come un corpo unico, attraverso emozioni forti e intime che solo
chi conosce la vita carceraria può arrivare a esprimere. Dalla spensieratezza dei bambini che giocano sui prati di borgata alle prime “marachelle”, dalla violenza allo stadio, ai reati “di strada” e non solo, fino all’inevitabile carcerazione, con
tutto ciò che ne consegue. Per fortuna che c’è il teatro come metafora di qualcosa a cui aggrapparsi per una rinascita oggettiva e spirituale, esorcizzando i problemi che vive giornalmente un detenuto e facendogli rivivere, anche solo per un’ora, la sensazione di sentirsi libero. Fanno da corollario coreografie ballate, scene di delirio e violenza collettiva, ma anche numerose situazioni ilari e grottesche. Tutto accompagnato dall’uso scenico delle canzoni di Emilio Stella, cantautore romano».
La mostra fotografica
In occasione della Prima dello spettacolo presso la Casa Circondariale di Pescara e di tutte le tappe dello spettacolo sarà allestita l’omonima mostra del fotografo Antonello Nusca. La mostra vuole essere un racconto delle giornate trascorse a preparare lo spettacolo. Le immagini scattate dal fotografo presentano gli interpreti di questo spettacolo, che è in un certo senso la rappresentazione della loro vita, e accompagneranno il pubblico fin dentro il teatro. «Ho cercato di catturare momenti di intimità e di divertimento in cui gli attori probabilmente riescono a liberarsi da quella stressante routine a cui il carcere ti obbliga». Afferma Nusca. «Ed è proprio grazie a questi momenti che ho potuto conoscerli per come, credo, siano veramente. Li ringrazio uno a uno per la grande lezione di vita che mi stanno dando».
Articolo Redazione Itaca
Foto Antonello Nusca
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