Ma misi me per l’alto mare aperto
L'Ulisse. Quando Dante cantò la statura dell'uomo
Introduzione di Carmine Di Martino
Collana: CataloghiL’Ulisse dantesco rappresenta un’immagine insuperata della grandezza dell’uomo, del suo irrefrenabile impeto a penetrare nell’ultima profondità delle cose, nella scaturigine dell’essere.
Il rimprovero a Ulisse che fu di Petrarca, subito a ridosso della Commedia: «Disiò di veder troppo» (Trionfo della fama, II 18), rivela una posizione che la nostra cultura ha largamente accolto e fatta propria: condannare questa smisurata aspirazione del cuore, stigmatizzarne l’eccesso, o svuotarla del suo contenuto reale. Così ci si preclude la comprensione dell’Ulisse dantesco e si rende inintelligibile il muoversi umano.
«Ma lui, Ulisse, proprio per la stessa “statura” con cui aveva percorso il mare nostrum, arrivato alle colonne d’Ercole, sentiva non solo che quella non era la fine, ma che era anzi come se la sua vera natura si sprigionasse da quel momento. E allora infranse la saggezza e andò» (Luigi Giussani, Il senso religioso).
Questo Ulisse continua ancor oggi a dar scandalo ai saggi e ai benpensanti e respiro agli amanti della grandezza e nobiltà della natura umana.
Introduzione di Carmine Di Martino
Saggi critici di Simone Invernizzi, Tommaso Montorfano, Pietro Pellegatta, Carlo Sacconaghi
A cura di Ilaria Ariemme, Pietro Bocchia, Stefano Braschi, Carlo Carù, Irene Coerezza, Alberto De Simoni, Carmine Di Martino, Daniele Ferrari, Gabriele Grava, Simone Invernizzi, Tommaso Montorfano, Michele Orfano, Pietro Pellegatta, Benedetta Quadrio, Carlo Sacconaghi, Luca Tizzano, Paolo Torri
Catalogo della mostra realizzata e organizzata per la XXXI edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli (Rimini, 22-28 agosto 2010)