Tutti a tavola
40 anni di storia della cooperativa Gemos
Fotografie di Mario Rebeschini
Collana: Persone e imprese1975. È l’antivigilia di Natale. Quattordici persone si ritrovano davanti a un notaio per dare vita ad una cooperativa finalizzata alla gestione di mense. Tra loro non vi sono esperti di ristorazione; li accomuna il desiderio di dare risposta al bisogno di tanti lavoratori di un buon pasto, cucinato con la stessa cura e la stessa passione di chi nella famiglia chiama “tutti a tavola” per servire il pranzo appena cotto. Del resto Gemos nasce in un territorio, la Romagna, noto in tutto il mondo per la sua cultura del “mangiare bene”.
Quei soci fondatori non potevano certo immaginare che il seme da loro gettato avrebbe dato frutti così abbondanti e generato una storia giunta al suo quarantesimo anno di vita. Oggi Gemos è una realtà consolidata e riconosciuta nel campo della ristorazione; ha varcato i confini non solo della città, ma della regione e guarda all’estero. Una crescita e un orizzonte che possono essere guardati con fiducia se consapevolmente radicati in quella cultura della solidarietà, della mutualità e del bene comune che è all’origine ed è nel dna della cooperativa.
Per tale ragione è stato voluto questo libro che, attraverso la narrazione dell’autore e numerose testimonianze, racconta l’origine, i passi, il cuore della cooperativa, quei valori originari e portanti che costituiscono ancora oggi la sua identità profonda e danno sostanza tanto alle scelte strategiche quanto al lavoro quotidiano. Esso è destinato in primo luogo a quanti, a diverso titolo, possono dire “noi” e si sentono, a ragione, orgogliosi di essere parte della Gemos e della sua storia: i soci, i collaboratori, i fornitori, i clienti, le banche, la città di Faenza.
Ma ogni bella storia è per tutti. Gemos offre l’esempio di una capacità di assunzione di rischio, di responsabilità, di cogliere le opportunità e di imparare dagli errori, di mettere in gioco sé e di spendere i propri talenti per contribuire al bene non solo personale, ma di tutta la società. La sua storia dimostra che non solo si può fare impresa, ma l’impresa si fa meglio quando mette al centro la persona e il suo desiderio di cooperare con altri per “cucinare” qualcosa di buono per la città.